29.3.03

Due righe!
Ha ragione la destra avremmo più possibilità di far finire la guerra se durante le manifestazioni ci rivolgessimo a Saddam.
Infatti il regime di Saddam negli ultimi giorni ha dimostrato di ascoltare l'opinione pubblica occidentale molto più dei governi che ogni tanto ci chiedono il voto.
Hanno trattato da re i 7 giornalisti Italiani, arrestati ieri a Bassora e poi parcheggiati in albergo in attesa che fosse pronto il visto, (non sono neanche stati espulsi per adesso) anche se avevano palesemente violato le leggi e per adesso "l'esercito del Rais" come amano chiamarlo i giornali (come non fosse un esercito regolare) ha usato solo mezzi convenzionali di guerra (ammesso che ne abbia altri purtroppo non è stato lasciato tempo agli ispettori di verificare) e non credo lo faccia per bontà di cuore.
Insomma, non credo che se glielo chiediamo, Saddam Hussein, ci va davvero in esilio quello che so è che Berlusconi, non lo ha fatto e sono già un paio d'anni che lo ripetiamo.

24.3.03

DAVIDE CESARE: Ragazzo.
MILANO- "La notte nera nera di milano" come l'hanno chiamata i giornali, la notte in cui una famiglia di simpatizzanti neonazisti si aggirano, armati di coltello, per un quartiere frequentato dai ragazzi dei centri sociali fino a un bar il "Tipotà" qui si scontrano con tre ragazzi: Davide e i suoi amici.
I compagni del centro sociale ORSO accorsi hanno trovato la polizia a rispondere al loro schock con il manganello e altra violenza.
Secondo la polizia il movente non è chiaro, ma tre neo-nazi che girano con un coltello tra due centri sociali bastano a descrivere una scena abbastanza nitida.
Movente politico, dice qualcuno, non è vero non c’è niente di politico in un coltello o in una provocazione forse c'è solo la frustrazione di non aver niente da dire.

Il difficile addio a Dax:
Milano-In tremila sabato hanno detto addio a Davide Cesare il ragazzo di 26anni ucciso domenica scorsa, a coltellate, da un’intera famiglia di simpatizzanti neofascisti padre e due figli.
C’erano tutti ieri al funerale, le famiglie a cui aveva contribuito a far mantenere la casa a Stadera (tra Milano e Rozzano), ex partigiani e tutti i suoi compagni con le bandiere rosse listate a lutto.
Un lungo addio per la famiglia di Davide i suoi genitori, sua moglie e sua figlia, lo stesso dolore che qualche anno fa hanno affrontato Giuliano e Heidi i genitori di Carlo Giuliani ucciso negli scontri di Genova e Daniela madre di Fausto Tinelli.
Erano lì anche loro per pertecipare al dolore e dire insieme un no alla spirale di violenza che la recente storia italiana ha già visto cominciare in maniera analoga.
Sono i padri di tutti quei ragazzi impegnati nel sociale, che giorno per giorno costruiscono l’altro mondo possibile, sono quelli che non si sono mai lasciati andare al desiderio di vendetta anche se questa Italia ha tolto loro quanto di più prezioso possedevano, sono gli unici che, col cuore, cercano di indicare la strada a ragazzi come i figli che hanno perduto.
Addio compagno Dax!


Claudio, il fretellino di Davide: "Davide non credeva all'inferno e al paradiso, ma io so che per le persone come Dax un posto in paradiso c'è sempre che li aspetta".

21.3.03

Internazionale Arcobaleno

Mi è capitato in questi giorni, camminando a testa in su, di chiedermi chi fossero quelle persone che hanno comprato ed esposto bandiere arcobaleno che hanno sentito, cioè, il bisogno di mandare un messaggio di pace, e verso chi.
Nelle piazze in questi mesi ho visto persone diverse come età, ideologia, professione ed esperienza.
L’opinione comune, ma anche la più banale, che i media vogliono far passare, è che sia semplicemente un movimento di persone che ritengono la guerra non sia giusta o che i motivi della guerra non siano quelli dichiarati e che vogliono manifestare il loro dissenso.
Questo non escluderebbe il fatto che comunque il regime irakeno va abbattuto per il bene di tutti e che Saddam Hussein si è macchiato di crimini orrendi, ma secondo me non si coglie una sfumatura.
C’è un motivo scatenante che ha fatto scendere così tante persone in piazza, la guerra; ma questo è sono il motivo incidente l’ultimo degli eventi che ha scosso la coscienza di milioni di persone ma cos’altro c’è più nel profondo?
Dai discorsi che ho sentito mentre camminavo spalla a spalla, quella scritta PACE che sta al centro di ogni “bandiera arcobaleno” vuol comunicare qualcosa di più del semplice significato della parola.
Serpeggia per le strade l’opinione, consapevole o no, che il conflitto in Iraq non è una soluzione, per quanto scomoda possa essere, a chissà quale imminente minaccia internazionale ma che al contrario sia solo la prosecuzione di una politica estera obsoleta.
Quella stessa politica che ha appoggiato e che appoggia tutt’oggi regimi dittatoriali per il solo motivo che assicurano più stabilità a un’area, o perché sono nemici dei nemici e quindi amici, o peggio perché con un regime amico è più facile stringere accordi commerciali favorevoli o esclusivi.
Non mi riferisco solo agli Stati Uniti, purtroppo fino ad oggi questi sono state le prassi malate su cui si è retta la politica internazionale. E un semplice principio, noto dalla cultura popolare, che si chiama “tirare a campare”, così si potrebbero riassumere e sintetizzare le centinaia di articoli e pubblicazioni di autorevoli analisti che da anni criticano il modo di gestire le questioni internazionali, ed è così che nella gente comune nasce il bisogno di manifestare per le strade.
Quello che si vede per e strade è la voglia di chiedere a chi ci rappresenta di riformare o rifondare il sistema che oggi non riesce a garantire la giustizia e a distinguere nettamente il bene dal male e che nè oggi né domani riuscirà a garantirci di essere noi (i giusti) in guerra contro loro (i terroristi).
Soprattutto per la mia generazione, che è cresciuta tartassata di lodi tessute agli oraganismi internazionali, ONU in primis, come garanzia dei diritti umani in tutte le controversie internazionali, ritrovarsi con 4guerre negli ultimi 10anni e dopo ogni guerra con lo spettro di un’altra guerra in arrivo non ha fatto altro che creare una grosso desiderio di cambiare, un’esigenza di giustizia ma soprattutto la consapevolezz di essere stati presi in giro.
Il no-alla-guerra, che viene da chiunque abbia riflettuto un po’ sul nostro periodo storico, è soprattutto la richiesta verso chi abbiamo votato di non limitarsi a correre ai ripari con una guerra ogni qual volta il sistema del diritto internazionale rivela le sue perversioni e i suoi limiti.
NOT IN MY NAME dice qualche cartello io lo traduco con: “La guerra è la conseguenza della vostra gestione corrotta del potere” è la denuncia verso le democrazie occidentali di non essere più, ormai, rappresentative.